È l’amanteano Michele Ruperto il miglior sommelier della Calabria
Fotocredits: Enzo Celi su concessione dell’Ufficio Stampa che ha inviato il comunicato.
Rappresenterà la regione alla finalissima nazionale a Sorrento
Campora San Giovanni-Amantea (CS) – Michele Ruperto, 38 anni, di Amantea, è il miglior sommelier della Calabria 2022. Ruperto, che è sommelier Ais dal 2008 ed è il titolare dell’enoteca specializzata on-line “Calabria Gourmet”, parteciperà inoltre alla finalissima del 12 novembre prossimo, a Sorrento, che incoronerà il migliore sommelier d’Italia nell’ambito del Premio TrentoDoc in concomitanza dell’assise del Consiglio Nazionale dell’AIS.
Il trofeo è stato assegnato a Ruperto a Campora San Giovanni al termine del concorso Miglior Sommelier Calabria 2022 dell’Associazione Italiana Sommelier che si è svolto alla presenza di un numeroso pubblico qualificato di professionisti, protagonisti e appassionati del mondo del vino accorsi da tutta la regione.
Ruperto – che ha ricevuto il premio dalle mani del suo predecessore Francesco Gardi, Miglior sommelier calabrese premiato nel 2019 – si è imposto in finale su Giampaolo Palumbo, giovane e competente sommelier e Degustatore Ufficiale, classificatosi al secondo posto a pari merito dopo le fasi eliminatorie e i play-off che hanno impegnato quest’anno cinque concorrenti provenienti da tutta la Calabria.
Raffaele D’Angelo, di Consulentedelgusto.it intervista Michele Ruperto, Sommelier e autore del portale web Calabria Gourmet
R: Ciao Michele, grazie per la tua disponibilità. Mi racconteresti le tue radici?
M: Sono nato nel 1984 in Calabria, e sono stato nutrito – o allevato, mi verrebbe quasi da dire − da mia nonna e mia madre solo con cibi fatti in casa: pane, conserve, carne bianca dai nostri allevamenti, uova sempre fresche dalle nostre galline. Facevamo addirittura il formaggio e allevavamo persino i maiali. Da piccolo il momento dell’anno che temevo di più era la raccolta delle olive: era una gran fatica! A pensarci è un periodo non così tanto lontano, ma che effettivamente sembra così remoto, oggi, se si pensa a quanto le cose siano cambiate.
R: Come è cominciato il tuo percorso nel mondo dell’enogastronomia?
M: Fino a 18 anni ho lavorato nelle strutture ricettive del mio territorio, poi dopo il diploma alla scuola alberghiera di Paola, in provincia di Cosenza, sono partito per Roma per scoprire il mondo della ristorazione stellata. Qui ho incontrato lo chef Davide Cianetti, noto personaggio della capitale, che mi ha subito preso a cuore, tanto da diventare il mio mentore. Nel suo ristorante di soli 15 posti a sedere avevo tutto quello che mi serviva: carta delle birre, carrello dei formaggi, carta dei distillati e dei sigari, centinaia di etichette di vino selezionate. Mi sono immediatamente innamorato di quel modo di fare servizio in sala, così ho deciso di approfondirlo e di iniziare quindi a studiare, non per diventare un sommelier, ma per avere una buona culturale generale. La mattina studiavo o svolgevo qualche mansione come stagista, mentre la sera lavoravo nel ristorante dello chef.
R: E come è andato questo studio?
M: Grazie ai tanti corsi iniziati (ONAF, AIBES, AIS e molti altri) ho avuto la fortuna di avvicinarmi al mondo del vino, che subito ha attirato la mia attenzione: mi ero reso conto di esserci portato, avevo un ottimo palato e un eccellente olfatto. Con il tempo ho poi costruito questa consapevolezza: volevo assolutamente diventare sommelier! Nel 2008 ho cominciato il corso dell’AIS a Roma presso il Cavalieri Hilton: mi hanno insegnato tantissimo e a quei maestri oggi devo tanto.
R: L’incontro con lo chef Cianetti quindi si è rilevato determinante per la tua carriera.
M: Assolutamente, con lo chef Cianetti ho passato gli anni più belli della mia vita, avevo grandi soddisfazioni con il suo ristorante, mi confrontavo perennemente con grandi professionisti di spessore. Per tre estati consecutive l’ho aiutato a gestire la grande manifestazione “All’ombra del Colosseo”. Un paio di stagioni siamo addirittura andati in Costa Smeralda: insomma, è stato un periodo decisamente molto intenso.
R: Dopo alcuni anni sei però passato a una ristorazione più alta.
M: Sì, a un certo punto mi ero reso conto che non stavo crescendo più, ero in una fase di stallo e sentivo il bisogno di cambiare aria. Quando glielo dissi, lo chef Cianetti non rimase sorpreso, anzi si meravigliò che fossi stato così a lungo con lui: il nostro è un mondo in cui spesso si cambia lavoro. Fu proprio lo chef, in realtà, a indicarmi dove andare, il posto che secondo lui era la scelta migliore per me. Conobbi così il manager del ristorante “Il pagliaccio”, 2 stelle Michelin, del noto chef internazionale Antony Genovese.
R: Immagino che quella sia stata un’esperienza pazzesca.
M: Sono sincero, i due anni vissuti lì dentro sono stati indescrivibili: per me quel posto fu un vero paradiso. Da “Il pagliaccio” ricoprii esclusivamente il ruolo di sommelier. C’erano 1500 etichette provenienti da ogni angolo del pianeta, una clientela internazionale, palati raffinati: puoi immaginare quello che ho vissuto e quanto ho imparato a livello personale e professionale.
R: E poi è successo qualcos’altro, non è vero?
M: Esattamente. Mese dopo mese cominciai a capire che non sarei invecchiato nella ristorazione stellata: non hai una vita personale, hai grandi tensioni da gestire, e considerando che non ero più un diciottenne temevo sarebbe stato qualcosa difficile da gestire a livello emotivo, specie considerando i miei profondi legami con la famiglia.
R: Da “Il pagliaccio” sei rimasto due anni: qual è stato il tuo passo successivo?
M: Avevo dentro di me un forte desiderio di lavorare in un posto che fosse allo stesso tempo ottimo ma senza troppo caos: avevo bisogno di riposare un po’. Per puro caso ebbi l’occasione per andare sull’Isola di Man, e la colsi al volo. Restai lì 18 mesi, in un ristorante con una stella Michelin. L’isola era bellissima: pochi abitanti, tanta natura, sembrava di essere fuori dal mondo! Quella fu anche l’occasione per imparare l’inglese, e per trovare nuove risposte a tanti miei dubbi e domande.
R: Così mi incuriosisci: quali preoccupazioni ti attanagliavano?
M: Avevo iniziato a pormi tante domande, perché non sapevo quale strada prendere, “cosa fare da grande”. Alla fine decisi di tornare in Calabria e provare a lavorare in un posto rinomato della regione, con lo chef Antonio Abbruzzino: qui ho trovato una splendida famiglia in cui mi sono trovato benissimo, come a casa. E per la prima volta ho conosciuto il vino calabrese e la sua storia.
R: Per la prima volta? Altrove il vino era introvabile?
M: Inesistente! Tranne forse per qualche bottiglia di Librandi. Nel periodo in cui mi trovavo a Roma non si era mai parlato di vino calabrese: ero addirittura arrivato a pensare, un po’ bonariamente, che neppure esistesse il vino in Calabria!
R: E da dove è nata questa passione per i vini calabresi?
M: Dalla volontà di riscatto, principalmente. Ero arrabbiato, avevo preso coscienza della nostra storia, della qualità dei nostri vini, ed ero furioso che tutto questo non fosse conosciuto fuori regione. I numeri parlano chiaro: il vino calabrese è esportato quasi interamente all’estero, mentre una buona parte è consumata direttamente in Calabria. Eppure c’è ancora molto da fare: tantissimi ristoranti italiani ancora oggi saltano la Calabria nella carta dei vini.
R: Da qui è nata quindi l’idea del sito online Calabria Gourmet, dedicato alla Calabria e gestito come se fosse un posto stellato.
M: Proprio così. Nel 2013 ho iniziato a fare e-commerce, la mia idea era servire i clienti e raccontare il vino calabrese proprio come se ci trovassimo in un ristorante stellato, per valorizzare le cantine e la mia figura. Il mercato online ha grande potenziale: si possono raggiungere con molta semplicità moltissime persone, e così ho deciso di lanciarmi in questa avventura, pur non avendo esperienza in questo particolare settore imprenditoriale, e di creare il portale Calabria Gourmet. La mancanza di esperienza iniziale mi ha rallentato nei primi anni: ho impiegato dieci anni esatti per arrivare a fare quello che faccio oggi. La cosa simpatica è che, nel 2013, molti mi diedero tutti del folle, eppure oggi le stesse persone si complimentano: strana la vita, vero?
R: Oggi il tuo portale e-commerce è un punto di riferimento per il vino calabrese: un traguardo di cui essere fieri!
M: E lo sono eccome! Nel 2021 abbiamo spedito circa 50mila articoli in trenta Stati europei: un grande traguardo, ma so che si può fare ancora tanto. In ogni caso, se si vuole bere dell’ottimo vino calabrese bisogna fare capo senza dubbio a Calabria Gourmet: ho selezionato 80 cantine e ben 600 vini, la scelta è davvero ampia.
R: Calabria Gourmet offre anche altro, oltre al vino?
M: Certo: in totale sono presenti 170 aziende, e addirittura 1500 prodotti. Abbiamo circa 250 liquori, amari, birre, olio EVO e persino food, formaggi e salumi.
R: So che hai partecipo al concorso come miglior sommelier dell’AIS Calabria.
M: Una bellissima esperienza, unica per intensità, spessore e qualità. È stato un momento unico e indimenticabile. Ero già arrivato in finale nel 2019, ma quest’anno invece ho finalmente vinto io! Sono molto soddisfatto della prestazione, perché non volevo semplicemente vincere: volevo vincere convincendo e senza fare errori. Un traguardo che non vedo come punto di arrivo ma come punto di partenza.
R: Quali progetti hai per il futuro?
M: Adesso sono in un periodo di affinamento, devo arricchire il sito di dettagli. Ho iniziato da poco a servire la ristorazione al dettaglio con condizioni vantaggiose: credo sia l’unico modo per far inserire il vino calabrese nelle carte dei vini che contano. Occorre quindi farsi conoscere da nuovi potenziali clienti. Stiamo anche per iniziare a fare qualche sponsorizzata in Europa per ampliare la nostra clientela. Come vedi c’è ancora tanto da fare!
R: Ti ringrazio molto per questa intervista, ci hai mostrato il tuo sudato percorso. Non posso che augurarti buona fortuna per la finalissima nazionale del concorso di sommelier a Sorrento.
M: Grazie a te per questa opportunità. Viva il buon vino e viva la Calabria
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