Con “Il vino che verrà”, Uva Sapiens proietta nel futuro il mondo del vino

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Uva Sapiens, la società di consulenza nel settore vitivinicolo ha promosso un incontro di grande rilevanza, introducendo una prospettiva innovativa e multidisciplinare attraverso la contaminazione positiva con altri settori.

Ha rappresentato un momento di estrema rilevanza la convention che si è tenuta il 1° dicembre scorso nella suggestiva cornice del Castello di San Salvatore a Susegana (Treviso) in occasione del decennale di Uva Sapiens, la nota società di alta consulenza tecnica e specialistica nel settore vitivinicolo. Si è infatti trattato di un alto momento di analisi e comunicazione del mondo del vino, in particolare quello italiano, visto da diverse angolature. Già nel titolo e sottotitolo c’era tutto: “Il vino che verrà. Contaminazioni multidisciplinari per un’evoluzione necessaria”. C’era la proiezione nel futuro, quanto mai necessaria oggi, ma anche la ricetta per poterla affrontare: la multidisciplinarietà e la contaminazione proveniente da altri settori.

Un approccio che è insito nella genesi e filosofia consulenziale di Uva Sapiens, nata nel 2013 dalla volontà di Mattia Filippi, Umberto Marchiori e Roberto Merlo. Fin da subito, questo gruppo di lavoro ha dato risalto all’importanza della multidisciplinarietà. “Il contesto entro cui operavamo”, ha spiegato Umberto Marchiori, presidente di Uva Sapiens, “presentava in tutta evidenza un limite che volevamo superare, ossia la compartimentazione delle competenze e dei servizi di consulenza nel mondo del vino. Osservavamo la presenza di tante figure diverse per conoscenze e saperi che si muovevano nella scacchiera che compone la consulenza vinicola, e questo rendeva spesso dispersiva e segmentata la risposta che veniva fornita ai bisogni dei produttori”. Ed è proprio da questa consapevolezza che è partito il progetto consulenziale di Uva Sapiens: la contaminazione positiva dell’intero processo produttivo mediante la raccolta prima e la sintesi poi di punti di vista diversi.

Con lo stesso approccio è stata impostata la convention del 1° dicembre che ha visto la partecipazione di relatori provenienti da mondi diversi, a partire da Stefano Mancuso, neurobiologo vegetale e professore ordinario di arboricoltura generale e coltivazioni arboree presso l’Università di Firenze, che si può considerare il più autorevole esperto di etologia vegetale, cioè del comportamento e ruolo delle piante all’interno del nostro ecosistema. L’intervento di Mancuso è stato illuminante ed istruttivo, consentendo una nuova visione di come valorizzare le piante. “Le piante non sono soltanto la base della vita – spiega Mancuso – ma sono la possibilità che ci sia la vita stessa. Noi animali, invece, siamo una porzione insignificante del pianeta: lo 0,3 % della biomassa mentre le piante rappresentano l’85% degli organismi viventi. Eppure, noi non ne abbiamo percezione. È sempre stato così. Perfino i funghi, con l’1,2%, sono più presenti nel pianeta, rispetto a noi”. È chiaro, pertanto, che una suddivisione dei “pesi” di questa natura deve necessariamente modificare anche la nostra percezione dell’importanza e ruolo dei diversi sistemi all’interno del nostro pianeta. In questa direzione, Mancuso è stato chiarissimo nell’evidenziare che l’intelligenza vegetale supera decisamente quella umana, “e ci vuole poco per capirlo, vista la velocità con cui stiamo depauperando la nostra Terra”. “Il riscaldamento globale, ad esempio – ha evidenziato Mancuso – sta avvenendo a causa delle emissioni di gas serra, ma anche per il drammatico e continuo taglio di alberi che stranamente viene quasi sempre sottaciuto mentre si tratta di una evidente concausa”.

“Considerando, pertanto, che l’intelligenza è la capacità di risolvere i problemi”, ha proseguito Mancuso, “le piante si sono dimostrate molto più intelligenti del genere umano: la vita media, infatti, di una specie vegetale è di 5 milioni di anni, mentre noi, con poco più di 200.000 anni, stiamo già fronteggiando gravi problematiche di declino”.

Un altro intervento prezioso “contaminante” è stato quello di Mattia Binotto, ex team principal della scuderia Ferrari, l’uomo a cui sono legati in particolare i successi del grande Michael Schumacher.
Binotto si è concentrato sul tema della ricerca e sviluppo, evidenziando come queste due azioni, così strategiche e fondamentali per la crescita di qualsiasi impresa e comparto, non siano il frutto di creatività, come spesso erroneamente si crede, ma “di un processo fatto di programmazione, metodo e approccio rigoroso”. “La Formula 1, a questo riguardo”, ha sottolineato Binotto, “è un esempio molto concreto di ricerca e innovazione totalmente programmata e rigorosamente codificata e che vede un investimento medio annuale di 500 milioni di euro all’anno”. “Ma è anche vero”, ha aggiunto Binotto, “che se si vuole progredire è fondamentale anche accettare il rischio del fallimento. Attraverso i fallimenti, infatti, si può crescere”.

Sul tema dell’importanza del metodo, della codifica dei processi produttivi e di gestione dell’impresa, si è soffermato invece il neo Master of Wine Andrea Lonardi, direttore operativo del gruppo Angelini Wines & Estates e protagonista del rilancio di Bertani, uno dei brand storici più autorevoli del vino italiano. “Il principale limite del sistema vitivinicolo italiano”, ha sottolineato Lonardi, “è di non essere stato in grado fino ad oggi di evidenziare stili di vini ben codificati e riconoscibili a livello internazionale”. E sul significato e l’importanza dello stile, Lonardi è stato molto chiaro: “Lo stile consente di far conoscere chiaramente la propria identità senza dover parlare, senza doverla spiegare”.

Arricchenti e illuminanti anche gli altri interventi: dal Professor Attilio Scienza, che ha svolto un approfondimento sull’evoluzione della “vocazione” vinicola nel mondo, all’antropologo Paolo Scarpi, che ha condotto un excursus sulla relazione “uomo-vino” tra passato e futuro, allo storico Danilo Gasparini che ha chiuso la convention con un’inedita “intervista impossibile” a Jules Guyot. Nello sfidante compito di moderare il tavolo dei relatori, Fabio Piccoli, direttore responsabile di Wine Meridian, giornalista e wine marketing expert.

“È stato per noi un vero onore e piacere – dice Umberto Marchiori, Presidente di Uva Sapiens – riunione amici di oggi e di ieri, aziende con cui collaboriamo, ma anche giornalisti e professionisti per condividere insieme l’idea che il vino rappresenta oggi più che mai una forza capace di evolvere grazie al contributo di tante competenze diverse oltre che ad un approccio sì tecnico ma anche e forse soprattutto umanistico. Volevamo, attraverso i contributi dei relatori presenti, “buttare la palla in avanti” per esplorare nuove soluzioni e costruire nuove consapevolezze in un tempo, come è quello di oggi, che ci impone di mettere in discussione vecchi paradigmi ed aprirci a nuovi scenari”.

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